Cancerògeni
Definizione medica del termine Cancerògeni
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Definizione di Cancerògeni
Cancerògeni
Indice:Prodotti e lavorazioni industriali cancerogeniIl ruolo cancerogeno del fumoProdotti alimentari e farmaci cancerogeniFattori cancerogeni fisici e biologicifattori di natura chimica, fisica o biologica in grado di innescare il processo di cancerogenesi e condurre così alla trasformazione della cellula normale in cellula neoplastica.
Fra i composti chimici presenti in natura, soltanto una quarantina sono stati sicuramente identificati come cancerògeni nella specie umana, mentre per centinaia di sostanze esistono dati epidemiologici o sperimentali estremamente sospetti, ma non incontrovertibili.
Stabilire con certezza che una sostanza è cancerogena è generalmente più semplice che non l’escluderlo: questo è possibile sperimentalmente solo dopo molto tempo e molte ricerche.Prodotti e lavorazioni industriali cancerogeniFra le sostanze chimiche cancerogene, la maggior parte ha relazione con l’ambiente di lavoro.
L’arsenico (responsabile di tumori nei minatori, nei fonditori e negli addetti alla preparazione di leghe e smalti) è stato correlato a tumori polmonari, epatici o cutanei; l’amianto (o asbesto) è il responsabile di tumori pleurici (mesoteliomi); le amine aromatiche (benzidina e anilina), impiegate nella preparazione di vernici e gomme, sono legate allo sviluppo di tumori vescicali; il benzene è causa di leucemie tra i lavoratori dell’industria delle colle e delle vernici; la lavorazione del cloruro di vinile o PVC (costituente di materiali plastici di vasto impiego) è stata posta in relazione con tumori epatici; il cromo e il nichel possono causare tumori polmonari.
Gli idrocarburi aromatici (benzopirene, dibenzoantracene ecc.), contenuti nei gas di scarico dei motori a scoppio e delle caldaie a gasolio, sono costituenti chimici normalmente presenti anche nel fumo di tabacco, da ritenersi i cancerògeni più diffusi.Il ruolo cancerogeno del fumoL’incidenza di cancro del polmone è dieci volte più frequente nei fumatori e per di più il fumo è associato con un rischio più elevato di cancro del cavo orale, dell’esofago, del rene, della vescica e del pancreas.
Le neoplasie legate al fumo contribuiscono a quasi un terzo delle morti fra gli uomini e a circa un decimo fra le donne.
Smettere di fumare determina un abbassamento del rischio di tumore che, dopo dieci anni, eguaglia praticamente quello dei non fumatori.Prodotti alimentari e farmaci cancerogeniIl ruolo della dieta nella cancerogenesi è incerto e dibattuto.
Un gran numero di sostanze (per esempio, conservanti, coloranti, antiossidanti) estranee ai principi nutritivi vengono quotidianamente introdotte nell’organismo con potenziale effetto cancerogeno: fra queste i nitrati (utilizzati nell’industria conserviera dei salumi) sono stati implicati nello sviluppo del carcinoma dello stomaco e del colon-retto.
Ma le stesse abitudini dietetiche possono favorire l’insorgenza di tumori: non solo le modalità di preparazione dei cibi (l’affumicatura, la cottura alla brace), ma la stessa composizione qualitativa della nostra dieta può agire in senso cancerogeno: l’eccessivo consumo di grassi è stato associato a un aumentato rischio di carcinoma della mammella o del colon; così il consumo di alcol è in grado di potenziare l’effetto cancerogeno del fumo o di agire di per sé come sull’esofago, sul fegato o persino sulla mammella.
Alcuni farmaci od ormoni sono stati ritenuti cancerògeni: è il caso del dietilstilbestrolo (derivato estrogenico utilizzato in passato per ridurre la minaccia d’aborto in gravidanza, e tuttora impiegato in zootecnia per aumentare la resa degli animali da macello) significativamente associato all’insorgenza di tumori vaginali (nella discendenza di donne che ne fecero uso in gravidanza) o di tumori uterini nelle donne trattate per disturbi della menopausa (l’associazione oggi consigliata col progesterone riduce di molto il rischio).
Molti farmaci antitumorali (specialmente gli alchilanti) hanno purtroppo azione mutagena e cancerògena: il loro utilizzo in neoplasie dell’infanzia (come alcune leucemie) ha portato a un aumento dei casi di secondo tumore nei giovani pazienti trattati.
Analoga azione hanno farmaci ad azione immunosoppressiva (come l’azatioprina) utilizzati per evitare il rigetto nei trapianti d’organo.Fattori cancerogeni fisici e biologiciTra i fattori di natura fisica si ritiene che le radiazioni ionizzanti siano responsabili di non meno del 3% delle neoplasie.
L’esperienza dei sopravvissuti alle esplosioni nucleari o degli individui accidentalmente esposti a sorgenti radioattive ha confermato che quasi tutti i tessuti sono suscettibili di danno, ma gli organi più sensibili sono il midollo osseo, la mammella e la tiroide.
Il periodo di latenza fra la contaminazione e la comparsa del tumore può andare da 2-5 anni per le leucemie acute, a 5-10 anni per le altre neoplasie.
La radiazione elettromagnetica del Sole costituisce il fattore di rischio più importante per i tumori cutanei, compreso il melanoma.
Tra i fattori biologici, nonostante i numerosi dati sperimentali, pochi organismi viventi sono stati significativamente correlati all’insorgenza di tumori.
Fra questi i virus rappresentano la categoria più importante.
Dati certi esistono solo per una forma piuttosto rara di leucemia causata da un virus del gruppo HIV (lo stesso a cui appartiene il virus dell’AIDS).
Il virus di Epstein-Barr (responsabile nei nostri climi della mononucleosi, malattia infettiva generalmente priva di conseguenze) sembra, per complesse ragioni, implicato in una forma di linfoma diffuso in Africa (il linfoma di Burkitt) e in un tipo di carcinoma nasofaringeo comune nelle popolazioni asiatiche.
Il virus dell’epatite B è stato recentemente correlato all’insorgenza di tumori epatici mentre l’HPV (Human Papilloma Virus) a quella del cancro del collo dell’utero.
Fra gli organismi superiori si ricorda Schistosoma, che è responsabile di una malattia tropicale (schistosomiasi, o bilharziosi) e sembra esercitare sulle vie urinarie un danno che predispone all’insorgenza di tumori vescicali.
Fra i composti chimici presenti in natura, soltanto una quarantina sono stati sicuramente identificati come cancerògeni nella specie umana, mentre per centinaia di sostanze esistono dati epidemiologici o sperimentali estremamente sospetti, ma non incontrovertibili.
Stabilire con certezza che una sostanza è cancerogena è generalmente più semplice che non l’escluderlo: questo è possibile sperimentalmente solo dopo molto tempo e molte ricerche.Prodotti e lavorazioni industriali cancerogeniFra le sostanze chimiche cancerogene, la maggior parte ha relazione con l’ambiente di lavoro.
L’arsenico (responsabile di tumori nei minatori, nei fonditori e negli addetti alla preparazione di leghe e smalti) è stato correlato a tumori polmonari, epatici o cutanei; l’amianto (o asbesto) è il responsabile di tumori pleurici (mesoteliomi); le amine aromatiche (benzidina e anilina), impiegate nella preparazione di vernici e gomme, sono legate allo sviluppo di tumori vescicali; il benzene è causa di leucemie tra i lavoratori dell’industria delle colle e delle vernici; la lavorazione del cloruro di vinile o PVC (costituente di materiali plastici di vasto impiego) è stata posta in relazione con tumori epatici; il cromo e il nichel possono causare tumori polmonari.
Gli idrocarburi aromatici (benzopirene, dibenzoantracene ecc.), contenuti nei gas di scarico dei motori a scoppio e delle caldaie a gasolio, sono costituenti chimici normalmente presenti anche nel fumo di tabacco, da ritenersi i cancerògeni più diffusi.Il ruolo cancerogeno del fumoL’incidenza di cancro del polmone è dieci volte più frequente nei fumatori e per di più il fumo è associato con un rischio più elevato di cancro del cavo orale, dell’esofago, del rene, della vescica e del pancreas.
Le neoplasie legate al fumo contribuiscono a quasi un terzo delle morti fra gli uomini e a circa un decimo fra le donne.
Smettere di fumare determina un abbassamento del rischio di tumore che, dopo dieci anni, eguaglia praticamente quello dei non fumatori.Prodotti alimentari e farmaci cancerogeniIl ruolo della dieta nella cancerogenesi è incerto e dibattuto.
Un gran numero di sostanze (per esempio, conservanti, coloranti, antiossidanti) estranee ai principi nutritivi vengono quotidianamente introdotte nell’organismo con potenziale effetto cancerogeno: fra queste i nitrati (utilizzati nell’industria conserviera dei salumi) sono stati implicati nello sviluppo del carcinoma dello stomaco e del colon-retto.
Ma le stesse abitudini dietetiche possono favorire l’insorgenza di tumori: non solo le modalità di preparazione dei cibi (l’affumicatura, la cottura alla brace), ma la stessa composizione qualitativa della nostra dieta può agire in senso cancerogeno: l’eccessivo consumo di grassi è stato associato a un aumentato rischio di carcinoma della mammella o del colon; così il consumo di alcol è in grado di potenziare l’effetto cancerogeno del fumo o di agire di per sé come sull’esofago, sul fegato o persino sulla mammella.
Alcuni farmaci od ormoni sono stati ritenuti cancerògeni: è il caso del dietilstilbestrolo (derivato estrogenico utilizzato in passato per ridurre la minaccia d’aborto in gravidanza, e tuttora impiegato in zootecnia per aumentare la resa degli animali da macello) significativamente associato all’insorgenza di tumori vaginali (nella discendenza di donne che ne fecero uso in gravidanza) o di tumori uterini nelle donne trattate per disturbi della menopausa (l’associazione oggi consigliata col progesterone riduce di molto il rischio).
Molti farmaci antitumorali (specialmente gli alchilanti) hanno purtroppo azione mutagena e cancerògena: il loro utilizzo in neoplasie dell’infanzia (come alcune leucemie) ha portato a un aumento dei casi di secondo tumore nei giovani pazienti trattati.
Analoga azione hanno farmaci ad azione immunosoppressiva (come l’azatioprina) utilizzati per evitare il rigetto nei trapianti d’organo.Fattori cancerogeni fisici e biologiciTra i fattori di natura fisica si ritiene che le radiazioni ionizzanti siano responsabili di non meno del 3% delle neoplasie.
L’esperienza dei sopravvissuti alle esplosioni nucleari o degli individui accidentalmente esposti a sorgenti radioattive ha confermato che quasi tutti i tessuti sono suscettibili di danno, ma gli organi più sensibili sono il midollo osseo, la mammella e la tiroide.
Il periodo di latenza fra la contaminazione e la comparsa del tumore può andare da 2-5 anni per le leucemie acute, a 5-10 anni per le altre neoplasie.
La radiazione elettromagnetica del Sole costituisce il fattore di rischio più importante per i tumori cutanei, compreso il melanoma.
Tra i fattori biologici, nonostante i numerosi dati sperimentali, pochi organismi viventi sono stati significativamente correlati all’insorgenza di tumori.
Fra questi i virus rappresentano la categoria più importante.
Dati certi esistono solo per una forma piuttosto rara di leucemia causata da un virus del gruppo HIV (lo stesso a cui appartiene il virus dell’AIDS).
Il virus di Epstein-Barr (responsabile nei nostri climi della mononucleosi, malattia infettiva generalmente priva di conseguenze) sembra, per complesse ragioni, implicato in una forma di linfoma diffuso in Africa (il linfoma di Burkitt) e in un tipo di carcinoma nasofaringeo comune nelle popolazioni asiatiche.
Il virus dell’epatite B è stato recentemente correlato all’insorgenza di tumori epatici mentre l’HPV (Human Papilloma Virus) a quella del cancro del collo dell’utero.
Fra gli organismi superiori si ricorda Schistosoma, che è responsabile di una malattia tropicale (schistosomiasi, o bilharziosi) e sembra esercitare sulle vie urinarie un danno che predispone all’insorgenza di tumori vescicali.
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