Linfociti
Definizione medica del termine Linfociti
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Definizione di Linfociti
Linfociti
Indice:I linfociti TI linfociti Btipo di leucociti, delle dimensioni di 7-12 µm, con un nucleo rotondeggiante, un citoplasma scarso e pochi granuli.
Nel sistema immunitario hanno il compito di reagire in modo specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo, o antigene.
Ogni linfocito possiede sulla membrana un recettore per l’antigene con una sola capacità combinatoria: ciò significa che è in grado di riconoscere e legarsi a uno solo dei tantissimi antigeni che potrebbero penetrare nell’organismo.
La specificità del riconoscimento dell’antigene rimane immutata durante la vita del linfocito, il quale, una volta riconosciuto l’antigene, trasmette la specificità antigenica alle cellule-clone in cui si riproduce: questa espansione cellulare determina l’aumento del numero dei linfociti capaci di reagire verso quel determinato antigene.
Ma non è solo la specificità del riconoscimento dell’antigene a conferire ai linfociti il ruolo assolutamente speciale che essi svolgono nella difesa dell’organismo.
Infatti, in seguito al riconoscimento dell’antigene, che genera una risposta immunitaria primaria, alcuni linfociti vivono per lungo tempo conservando una memoria del riconoscimento antigenico.
I linfociti-memoria, che hanno già riconosciuto l’agente infettivo, venendo nuovamente a contatto con lo stesso antigene danno origine a una risposta immunitaria, detta secondaria, molto più rapida e intensa.
Al contrario degli altri leucociti responsabili di una risposta immunitaria aspecifica, innata, i linfociti innescano una risposta immunitaria specifica, che utilizza meccanismi di difesa basati sul riconoscimento dell’invasore e definiti come adattativi.
Le due caratteristiche della risposta immunitaria adattativa (specificità e memoria), oltre a conferire l’immunità naturale da malattie infettive, rendono possibile la profilassi delle malattie infettive attraverso la vaccinazione.
I linfociti circolano nel sangue e nel sistema linfatico controllando ogni distretto dell’organismo.
Dal punto di vista morfologico i linfociti sembrano una popolazione omogenea, mentre dal punto di vista funzionale sono distinti in due principali tipi, i linfociti B e T, ai quali si aggiungono i linfociti “non B e non T” (o “cellule nulle”), per esempio, le cellule natural killer.I linfociti T.
Prendono nome dal fatto che, dopo essere stati prodotti nel midollo osseo (vedi linfoblasto), migrano nel timo, dove avviene la loro maturazione, consistente in una serie complessa di eventi cellulari e molecolari, nota come educazione timica, per cui i linfociti T imparano a riconoscere le cellule dell’organismo.
Si evita così che, una volta maturati ed entrati in circolo, possano reagire contro cellule dell’organismo di cui fanno parte, distruggendole.
Il riconoscimento degli antigeni da parte dei linfociti T avviene tramite un recettore di membrana chiamato Ti, formato dall’associazione di due catene glicoproteiche diverse, unite da un legame disolfuro.
I linfociti T maturi possono essere divisi in due tipi fondamentali: T helper (aiutanti) e citotossici o soppressori.
I linfociti T helper per riconoscere l’antigene devono venire in contatto con cellule macrofagiche che “presentino” loro l’antigene.
I macrofagi che presentano l’antigene possono, per esempio, fagocitare una struttura estranea, digerirla tramite enzimi nei vacuoli di fagocitosi e demolire la struttura antigenica.
Alla fine i frammenti di antigene digerito verranno esocitati ed esposti sulla superficie cellulare del macrofago.
Quando viene in contatto con il macrofago, il linfocito T helper può riconoscere specificamente i frammenti della struttura antigenica demolita ed esposta all’esterno: questo evento attiva il linfocito T helper, che quando reincontra la struttura antigenica secerne una inteleuchina-2.
A sua volta, l’interleuchina-2 secreta dai linfociti T helper attiva quei linfociti T citotossici che abbiano anch’essi riconosciuto lo stesso antigene, inducendoli a dividersi e a dare origine a un clone di cellule citotossiche, capaci di uccidere specificamente tutte le cellule che presentano quell’antigene.
I linfociti T helper possono inoltre, con altri tipi di molecole (interferon-gamma e fattori chemiotattici), attivare i macrofagi e indurre la mobilitazione dei granulociti e la produzione di immunoglobuline da parte dei linfociti B.
I linfociti T hanno un’importante funzione nel contrastare le infezioni virali.I linfociti BNell’organismo umano, i linfociti B maturano nello stesso organo in cui nascono, il midollo osseo (vedi linfoblasto).
In seguito alla loro maturazione passano nel circolo sanguigno, ma, essendo cellule più sedentarie dei linfociti T, tendono a localizzarsi nei linfonodi, dove costituiscono ammassi cellulari, detti follicoli primari, e solo una piccola percentuale rimane in circolo.
Di tutto il processo di maturazione che, a partire dai precursori midollari, porta ai linfociti B, la tappa di gran lunga più importante e caratteristica è quella che porta alla comparsa delle immunoglobuline di membrana, con la quale il linfocito B conclude il proprio percorso maturativo e può localizzarsi nei linfonodi e nel circolo sanguigno.
I linfociti B, oltre a riconoscere direttamente gli antigeni estranei, con il sito combinatorio delle immunoglobuline di membrana, possono, come i macrofagi e i granulociti, fagocitare strutture estranee rivestite da anticorpi, ed esercitare le funzioni di cellula presentante l’antigene.
Un linfocito B maturo viene attivato dal contatto con l’antigene che si lega specificamente alle immunoglobuline della classe IgM e IgD esposte sulla sua membrana.
In seguito a questo contatto specifico, il linfocito B diviene suscettibile a una serie di molecole segnale (linfochine) rilasciate da un linfocito helper, che abbia a sua volta riconosciuto lo stesso antigene.
Il legame di queste linfochine con i loro recettori specifici, espressi sulla membrana dei linfociti B, induce il linfocito B a dividersi attivamente e a generare un clone di cellule figlie.
Da queste prenderanno origine due tipi di cellule: le plasmacellule e i linfociti B memoria.
Le prime sono le cellule a vita breve, capaci di produrre e secernere una gran quantità di anticorpi, e destinate a morire una volta cessata questa funzione; le seconde sono cellule con una vita molto lunga, con il compito di mantenere il “ricordo” dell’antigene che è stato riconosciuto per la prima volta dalla cellula capostipite del clone.
L’importanza dei linfociti B nella resistenza alle malattie infettive è notevole.
La secrezione di immunoglobuline da parte delle plasmacellule e il loro passaggio nel circolo sanguigno mettono a disposizione dell’organismo invaso da un microrganismo un efficacissimo strumento per combatterlo.
Sebbene la funzione principale dei linfociti B sia la produzione di anticorpi, essi sono in grado di guidare meccanismi di uccisione di cellule, mediante procedimenti analoghi a quelli della citotossicità.
Nel sistema immunitario hanno il compito di reagire in modo specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo, o antigene.
Ogni linfocito possiede sulla membrana un recettore per l’antigene con una sola capacità combinatoria: ciò significa che è in grado di riconoscere e legarsi a uno solo dei tantissimi antigeni che potrebbero penetrare nell’organismo.
La specificità del riconoscimento dell’antigene rimane immutata durante la vita del linfocito, il quale, una volta riconosciuto l’antigene, trasmette la specificità antigenica alle cellule-clone in cui si riproduce: questa espansione cellulare determina l’aumento del numero dei linfociti capaci di reagire verso quel determinato antigene.
Ma non è solo la specificità del riconoscimento dell’antigene a conferire ai linfociti il ruolo assolutamente speciale che essi svolgono nella difesa dell’organismo.
Infatti, in seguito al riconoscimento dell’antigene, che genera una risposta immunitaria primaria, alcuni linfociti vivono per lungo tempo conservando una memoria del riconoscimento antigenico.
I linfociti-memoria, che hanno già riconosciuto l’agente infettivo, venendo nuovamente a contatto con lo stesso antigene danno origine a una risposta immunitaria, detta secondaria, molto più rapida e intensa.
Al contrario degli altri leucociti responsabili di una risposta immunitaria aspecifica, innata, i linfociti innescano una risposta immunitaria specifica, che utilizza meccanismi di difesa basati sul riconoscimento dell’invasore e definiti come adattativi.
Le due caratteristiche della risposta immunitaria adattativa (specificità e memoria), oltre a conferire l’immunità naturale da malattie infettive, rendono possibile la profilassi delle malattie infettive attraverso la vaccinazione.
I linfociti circolano nel sangue e nel sistema linfatico controllando ogni distretto dell’organismo.
Dal punto di vista morfologico i linfociti sembrano una popolazione omogenea, mentre dal punto di vista funzionale sono distinti in due principali tipi, i linfociti B e T, ai quali si aggiungono i linfociti “non B e non T” (o “cellule nulle”), per esempio, le cellule natural killer.I linfociti T.
Prendono nome dal fatto che, dopo essere stati prodotti nel midollo osseo (vedi linfoblasto), migrano nel timo, dove avviene la loro maturazione, consistente in una serie complessa di eventi cellulari e molecolari, nota come educazione timica, per cui i linfociti T imparano a riconoscere le cellule dell’organismo.
Si evita così che, una volta maturati ed entrati in circolo, possano reagire contro cellule dell’organismo di cui fanno parte, distruggendole.
Il riconoscimento degli antigeni da parte dei linfociti T avviene tramite un recettore di membrana chiamato Ti, formato dall’associazione di due catene glicoproteiche diverse, unite da un legame disolfuro.
I linfociti T maturi possono essere divisi in due tipi fondamentali: T helper (aiutanti) e citotossici o soppressori.
I linfociti T helper per riconoscere l’antigene devono venire in contatto con cellule macrofagiche che “presentino” loro l’antigene.
I macrofagi che presentano l’antigene possono, per esempio, fagocitare una struttura estranea, digerirla tramite enzimi nei vacuoli di fagocitosi e demolire la struttura antigenica.
Alla fine i frammenti di antigene digerito verranno esocitati ed esposti sulla superficie cellulare del macrofago.
Quando viene in contatto con il macrofago, il linfocito T helper può riconoscere specificamente i frammenti della struttura antigenica demolita ed esposta all’esterno: questo evento attiva il linfocito T helper, che quando reincontra la struttura antigenica secerne una inteleuchina-2.
A sua volta, l’interleuchina-2 secreta dai linfociti T helper attiva quei linfociti T citotossici che abbiano anch’essi riconosciuto lo stesso antigene, inducendoli a dividersi e a dare origine a un clone di cellule citotossiche, capaci di uccidere specificamente tutte le cellule che presentano quell’antigene.
I linfociti T helper possono inoltre, con altri tipi di molecole (interferon-gamma e fattori chemiotattici), attivare i macrofagi e indurre la mobilitazione dei granulociti e la produzione di immunoglobuline da parte dei linfociti B.
I linfociti T hanno un’importante funzione nel contrastare le infezioni virali.I linfociti BNell’organismo umano, i linfociti B maturano nello stesso organo in cui nascono, il midollo osseo (vedi linfoblasto).
In seguito alla loro maturazione passano nel circolo sanguigno, ma, essendo cellule più sedentarie dei linfociti T, tendono a localizzarsi nei linfonodi, dove costituiscono ammassi cellulari, detti follicoli primari, e solo una piccola percentuale rimane in circolo.
Di tutto il processo di maturazione che, a partire dai precursori midollari, porta ai linfociti B, la tappa di gran lunga più importante e caratteristica è quella che porta alla comparsa delle immunoglobuline di membrana, con la quale il linfocito B conclude il proprio percorso maturativo e può localizzarsi nei linfonodi e nel circolo sanguigno.
I linfociti B, oltre a riconoscere direttamente gli antigeni estranei, con il sito combinatorio delle immunoglobuline di membrana, possono, come i macrofagi e i granulociti, fagocitare strutture estranee rivestite da anticorpi, ed esercitare le funzioni di cellula presentante l’antigene.
Un linfocito B maturo viene attivato dal contatto con l’antigene che si lega specificamente alle immunoglobuline della classe IgM e IgD esposte sulla sua membrana.
In seguito a questo contatto specifico, il linfocito B diviene suscettibile a una serie di molecole segnale (linfochine) rilasciate da un linfocito helper, che abbia a sua volta riconosciuto lo stesso antigene.
Il legame di queste linfochine con i loro recettori specifici, espressi sulla membrana dei linfociti B, induce il linfocito B a dividersi attivamente e a generare un clone di cellule figlie.
Da queste prenderanno origine due tipi di cellule: le plasmacellule e i linfociti B memoria.
Le prime sono le cellule a vita breve, capaci di produrre e secernere una gran quantità di anticorpi, e destinate a morire una volta cessata questa funzione; le seconde sono cellule con una vita molto lunga, con il compito di mantenere il “ricordo” dell’antigene che è stato riconosciuto per la prima volta dalla cellula capostipite del clone.
L’importanza dei linfociti B nella resistenza alle malattie infettive è notevole.
La secrezione di immunoglobuline da parte delle plasmacellule e il loro passaggio nel circolo sanguigno mettono a disposizione dell’organismo invaso da un microrganismo un efficacissimo strumento per combatterlo.
Sebbene la funzione principale dei linfociti B sia la produzione di anticorpi, essi sono in grado di guidare meccanismi di uccisione di cellule, mediante procedimenti analoghi a quelli della citotossicità.
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