Definizione di Rabbia
Rabbia
Malattia infettiva causata da un virus della famiglia dei Rhabdovirus; interessa gli animali e occasionalmente anche la specie umana.
Si può contrarre con il morso di un animale infetto mediante l’inoculo della saliva, contenente il virus in alta concentrazione.
La malattia è diffusa in tutto il mondo e, dopo anni di diminuzione, dal 1972 si è verificata una ripresa dei focolai di rabbia animale con conseguente maggior rischio di rabbia umana.
Gli animali responsabili oggi della diffusione della malattia in Italia sono prevalentemente le volpi, che dall’Austria stanno estendendo l’infezione a tutta la fascia alpina.
Il virus penetrato con il morso si diffonde lungo i nervi sensitivi e arriva al sistema nervoso centrale, dove determina la morte dei neuroni delle corna posteriori del midollo, del mesencefalo e dei gangli della base.
L’incubazione è molto variabile, a seconda della distanza fra il punto del morso e il sistema nervoso centrale, e può durare anche alcuni mesi (mediamente 20-90 giorni).
La malattia si manifesta con sintomi da iperstimolazione del sistema nervoso sensitivo (idrofobia, aerofobia, disturbi della deglutizione, dolori violenti) seguiti da una fase asfittica e da paralisi generalizzata, a cui segue la morte in tre o quattro giorni.
Non esiste terapia, ma è possibile (e indispensabile) ricorrere alla vaccinoprofilassi dopo un morso da parte di un animale sospetto: ciò consente, data la lunga incubazione della malattia, l’instaurarsi di una risposta immunitaria efficace prima che il virus abbia raggiunto il sistema nervoso centrale.
Solo per le categorie professionali a rischio è consigliata la profilassi preventiva.
In caso di morsicatura da animale sospetto si devono considerare numerosi fattori: per esempio, se l’animale è selvatico, se è possibile tenerlo in osservazione, le modalità del morso, la situazione di endemia della zona ecc.; quindi si procede con il trattamento locale della ferita, la immunoprofilassi passiva (costituita da immunoglobuline, che proteggono per 1-2 settimane, in attesa dell'effetto del vaccino) e la vaccinazione, che si può interrompere nel caso di provata negatività dei test di laboratorio sull’animale, mentre in caso di animale selvatico o di grave esposizione si effettua sempre il ciclo vaccinale completo (vedi antirabbica, vaccinazione).
Si può contrarre con il morso di un animale infetto mediante l’inoculo della saliva, contenente il virus in alta concentrazione.
La malattia è diffusa in tutto il mondo e, dopo anni di diminuzione, dal 1972 si è verificata una ripresa dei focolai di rabbia animale con conseguente maggior rischio di rabbia umana.
Gli animali responsabili oggi della diffusione della malattia in Italia sono prevalentemente le volpi, che dall’Austria stanno estendendo l’infezione a tutta la fascia alpina.
Il virus penetrato con il morso si diffonde lungo i nervi sensitivi e arriva al sistema nervoso centrale, dove determina la morte dei neuroni delle corna posteriori del midollo, del mesencefalo e dei gangli della base.
L’incubazione è molto variabile, a seconda della distanza fra il punto del morso e il sistema nervoso centrale, e può durare anche alcuni mesi (mediamente 20-90 giorni).
La malattia si manifesta con sintomi da iperstimolazione del sistema nervoso sensitivo (idrofobia, aerofobia, disturbi della deglutizione, dolori violenti) seguiti da una fase asfittica e da paralisi generalizzata, a cui segue la morte in tre o quattro giorni.
Non esiste terapia, ma è possibile (e indispensabile) ricorrere alla vaccinoprofilassi dopo un morso da parte di un animale sospetto: ciò consente, data la lunga incubazione della malattia, l’instaurarsi di una risposta immunitaria efficace prima che il virus abbia raggiunto il sistema nervoso centrale.
Solo per le categorie professionali a rischio è consigliata la profilassi preventiva.
In caso di morsicatura da animale sospetto si devono considerare numerosi fattori: per esempio, se l’animale è selvatico, se è possibile tenerlo in osservazione, le modalità del morso, la situazione di endemia della zona ecc.; quindi si procede con il trattamento locale della ferita, la immunoprofilassi passiva (costituita da immunoglobuline, che proteggono per 1-2 settimane, in attesa dell'effetto del vaccino) e la vaccinazione, che si può interrompere nel caso di provata negatività dei test di laboratorio sull’animale, mentre in caso di animale selvatico o di grave esposizione si effettua sempre il ciclo vaccinale completo (vedi antirabbica, vaccinazione).
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